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300 | fantasia |
desiderii languidi, di desiderii feroci, di baci, di baci, di baci, sempre, sempre, sempre. Finiva così: non senti tu le mie labbra morenti sulle tue? — e Andrea le sentiva, e quelle parole scritte in caratterino minuto gli parevano proprio baci, e si metteva la lettera sulla bocca, provando un bruciore, provando una freschezza, col sangue che gli ribolliva: le rispondeva una lettera violenta, talvolta brutale di passione. Lucia si sgomentava e tornava a scrivere che il loro amore era un’infamia, che quel tradimento sarebbe stato punito atrocemente, che già, lei, si sentiva misera e infelice e inferma: Andrea, tormentato da questa variabilità, da questi contrasti, da questi passaggi immediati, non sapendo più come seguirla, non trovando nè ragioni, nè argomenti per persuaderla, le rispondeva che non lo torturasse più, che avesse pietà di lui. E Lucia di rimando: tu non mi ami!
Di nuovo, egli soffriva, malgrado le audacie e le lettere e i baci furtivi e gli abbracci improvvisi fra due porte. Ogni giorno Lucia diventava più strana. Certe mattine compariva col viso pallido pallido, gli occhi cupamente neri, le labbra strette, la voce sgarbata e stridula. Non dava la mano, non salutava, non si voltava verso nessuno: i gomiti avevano qualche cosa di angoloso, le spalle pareva che bucassero la veste: si curvava, come invecchiata. Rispondeva male a tutti: aveva certe frasi malvagie per suo marito, per Caterina, per Andrea: per costui, specialmente. Egli taceva, pensando che cosa le avesse fatto. Se poteva cogliere il destro di parlarle, le chiedeva: