Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
parte quarta | 299 |
e lì, in un angolo, gli si era riversata fra le braccia, pallida, per un attimo. Subito gli aveva detto:
— Vattene.
In uno di questi momenti egli le aveva mormorato, col viso stravolto:
— Bada che ti affogo.
Gli veniva la voglia d’affogarla quella donna che era sempre con lui, che lo faceva impazzire con queste stravaganze, e che gli sfuggiva sempre. Anche le lettere erano così incoerenti, così folli, così trabalzanti dalla disperazione alla gioia, che egli ci perdeva la testa. Oggi, essa gli scriveva una divagazione sentimentale sull’amor puro, dicendo di voler essere amata come una sorella, come un essere impersonale, come un essere ideale, poiché questo era l’amore più alto, l’amore sublime: e Andrea, intenerito, cullato da quelle astrazioni, da quei pensieri teneri, le rispondeva che l’amava così, come lei voleva, come un angelo del paradiso. Il giorno dopo ella metteva del misticismo nella sua lettera e gli parlava di Dio, della Madonna, di una visione che aveva avuta la notte, lo pregava di aver fede, lo pregava di pregare — oh, salvarsi ambedue, quale felicità! che estasi, ritrovarsi insieme in paradiso! — e Andrea, che era indifferente in religione, che viveva nella più grande apatìa, le rispondeva che sì, che per lei avrebbe creduto e pregato: mentiva per non contraddirla, mentiva, non avendo altra volontà che la sua. Ma in un’altra lettera Lucia si abbandonava alle più passionate frasi, riempiendo un foglietto di baci, di parole ardenti, di baci ancora, di