Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/305


parte quarta 297

savano subito. Tutta una sera Lucia aveva la sua aria languida e triste, la voce fioca, la parola strascicata. Se per un momento poteva rimaner sola con Andrea, si rialzava, fremente, piena di vita, e gli buttava in faccia:

— Ti amo.

Ricadeva come abbattuta! egli restava smarrito. Poi, ora, si davano le lettere in cento modi, rischiando di essere scoperti ogni volta, ma riuscendo sempre, con una destrezza singolare: mettendo le lettere nei gomitoli, nei fazzoletti, nei libri, nel mazzo delle carte da giuoco, in fondo alla scatola del domino, nel quaderno della musica, sotto l’orologio del salone, sotto il piedestallo di qualche statuina, sotto i vasi delle piante, nella fodera del cappello: insomma, dovunque si può nascondere un pezzetto di carta. Con l’occhio Lucia indicava il posto: Andrea studiava il tempo, si alzava con disinvoltura, girava, poi arrivava al posto, prendeva la lettera con una maestrìa che l’uso gli aveva insegnato, vi faceva scivolare la risposta. Egli nascondeva, sotto la sua cera ilare, e sotto i suoi scherzi clamorosi, un’ansietà ardente, un’inquietudine continua. Non guardando Lucia, ne studiava tutti i movimenti: egli, il grosso leone, aveva certe ondulazioni feline, certi raggricchiamenti da tigre: egli, che era la franchezza medesima, cadeva in una dissimulazione profonda, si faceva sagace, furbo, callido, con certe occhiate oblique, con certi moti rampanti. Meditava, la notte, il piano dell’indomani, perchè l’indomani potesse dare una lettera a Lucia, stringerle la mano: combinava tutte le domande false, tutte le false uscite, tutti i ri-