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parte quarta | 295 |
V.
Ma l’audacia del loro amore crebbe ogni giorno. Fidando sulla tranquillità degli altri due, essi osarono quanto può inventare immaginazione innamorata. Si sedevano accanto: Andrea scherzava col ventaglio, col fazzoletto di Lucia, le contava i cerchiolini del portebonheur: se stavano lontani, si parlavano del loro amore usando un vocabolario speciale che si riannodava a tutti gl’incidenti del passato, a un ombrellino aperto, a un lago, all’ombra verde, a una sciarpa di merletto, a qualche frase detta, allora, dall’uno o dall’altro. Se Lucia vedeva Andrea pensieroso, subito metteva il discorso sull’Esposizione e placidamente diceva che la giornata della premiazione di floricoltura era stata una delle più belle della sua vita — e Andrea trovava modo di ficcare nel suo discorso la parola maga. Si capivano a una intonazione, a un batter di palpebra, a un movimento di mano. Ma, un giorno, Lucia disse ad Andrea, da un capo all’altro della stanza:
— Udite, Andrea, vi ho da dire una cosa in un orecchio; nessuno la deve sentire.
— Nemmeno io? — disse Alberto, con un broncio comico.
— Nè tu nè Caterina che sorride laggiù. Venite qui, Andrea.