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parte quarta 287

di Lucia che offriva sul serio una pera ad Andrea, come per ringraziarlo, come per fargli un bel dono, e invece gli dava una pera cattiva! Che spirito, quella Lucia!

Le signore andarono a vestirsi per la passeggiata. Prima ritornò Caterina, vestita di nero, con un cappellino coperto di jais. Lucia tardò abbastanza, ma valeva la pena di aspettare, come disse poi Alberto. Venne, fatta tutta piccina, tutta graziosa da un costume in lana scozzese cupo, con qualche filo rosso e giallo. Portava una giacchetta da uomo, a due petti, di panno turchino cupo, bottoniera minuta d’oro cesellato, colletto dritto, di tela, all’inglese, cappellino di feltro col velo turchino cupo che s’arrotolava coi capelli. Un amore di viaggiatrice a diporto; un po’ di polvere sulle guance per smorzarne il calore.

Giù in cortile erano pronte la victoria e il phaéton. Le signore salirono in carrozza, tirarono sulle ginocchia la pelle di tigre: i signori saltarono sul phaéton e fecero un saluto alle dame che sventolarono i loro fazzoletti: poi il carrozzino partì di carriera — guidando Andrea — e dietro l’equipaggio si avviò più grave. Per un pezzo la durò, voltandosi essi a guardare le due donne che parlavano fra loro e sorridevano: Andrea salutava, schioccando la frusta. Soffiava un venticello fresco: Alberto, che lo riceveva in faccia, se ne stava tutto rattrappito, avendo paura di raffreddarsi.

— Ma che? — esclamò Andrea — non senti il caldo? io butterei via il soprabito e mi metterei a guidare in maniche di camicia.