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parte quarta 281

simili sfumature. Ella diceva, diceva con la sua parlantina regolare, con un’onda continua di parole. Era di notte, prima di dormire, che veniva il discorso. Egli smorzava il lume e il discorso continuava all’oscuro. Ella parlava sottovoce, col capo appoggiato ai cuscini, guardando l’oscurità: Andrea ascoltava avidamente, bevendo le parole. La interrogava sul collegio, il grande e inesauribile soggetto che le donne non dimenticano mai, anche quando sono passati molti anni. Ella gli diceva della follìa mistica di Lucia, che aveva sconvolto il collegio con le sue penitenze, le sue estasi, i suoi pianti alle prediche, i suoi deliquii alla comunione: aveva sinanco portato il cilicio, poi la direttrice glielo aveva tolto, perchè ne ammalava. Gli narrava le sue strane risposte e i compiti fantastici che turbavano la classe, e le superstizioni che l’agitavano: talvolta Lucia, alla notte, si alzava di letto e veniva presso il letto di lei, Caterina, e piangeva, piangeva silenziosamente.

— Perchè piangeva? — domandava Andrea turbato.

— Perchè soffriva. Nel collegio qualcuna la trattava da stravagante, chi la chiamava romantica, chi fantastica: il medico diceva che era ammalata e che doveva uscire di là.

Seguitava a dirgli i gusti bizzarri, come il non mangiare frutta al martedì per le anime del Purgatorio, e non bevere vino al venerdì per la Passione di Cristo. Mangiava molti dolci e beveva grandi bicchieri d’acqua.

— Anche adesso li beve — osservava Andrea profondamente interessato.

Poco a poco la voce della narratrice si stancava, si