Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/273


parte quarta 265


— E che farete in casa? — chiese ancora Andrea?

— Io farò il giuoco solitario, con le carte — disse Alberto. — Ma può darsi che io non lo faccia. Per me, purché ci stia Lucia...

— Io lavorerò alla mia tappezzeria — disse lei, infiacchita d’un tratto.

— Ed io cucirò — completò Caterina.

— Vi divertirete un mondo — sghignazzò lui, levandosi — venite in carrozza, facciamo attaccare la daumont.

— No — disse subito Lucia, guardandolo.

Egli intese. A che serviva quella passeggiata? Sarebbero usciti, sempre in quattro, sempre vicini, i due uomini di fronte alle due donne: non avrebbe potuto dire a Lucia che l’amava.

— Quasi rimarrei qui per contare i vostri sbadigli — borbottò lui, diventato feroce.

— Se rimani sei un galantuomo — gli disse Alberto. — Vedrai come passiamo bene le ore del pomeriggio, nel salotto caldo, dove non si suda e dove non ci è vento.

Egli rimase. Sperava ancora, sperava sempre. Ma quando vide Alberto dinanzi al tavolino col suo giuoco di carte, Caterina presso il balcone col suo cesto di biancheria, Lucia sul divano con l’interminabile canavaccio in mano, tirando il filo lentamente, senza alzare gli occhi, egli pensò che nulla, nulla se ne sarebbe fatto, e uno sconforto e un abbattimento cupo lo vinsero. Quei due ostacoli, pacifici, benevoli, immobili, passivi, che sorridevano dicendo qualche rada parola,