Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
264 | fantasia |
Alberto, inginocchiato innanzi alla moglie, continuava a domandarle dove si sentisse male, se i dolori fossero nelle ossa, se fossero punture. La pregava, dimenticando i propri malanni, innamorato di quel volto duro e chiuso di sfinge, che si lasciava interrogare senza rispondere. Caterina li trovò in questa posizione: sorrise, additandoli a suo marito che le rispose con un riso di ironia, molto bizzarro su quella faccia bonaria e onesta. Ma la penetrazione della moglie non giungeva a distinguere un semplice sorriso da un ghigno sarcastico.
A tavola vi fu un silenzio penoso, ma breve: Lucia prese a chiacchierare volubilmente, nervosamente, scherzando col coltello, versando lei il vino ad Andrea, per capriccio. Ella non mangiava e beveva grandi bicchieri d’acqua gelata, la sua bevanda favorita. Mentre Caterina badava al servizio, l’occhio su Giulietta, parlandole talvolta sottovoce, toccando il campanello elettrico, Alberto toglieva dalla sua carne il grasso, i filamenti, i nervi, riducendola un bocconcino, Andrea fissava distratto un raggio di sole che batteva sopra un bicchiere d’acqua. Lucia seguitava a tener viva la conversazione, dicendo una quantità di stravaganze, eccitandosi, stringendo le mani, come quando l’assalivano le sue convulsioni isteriche. La solita questione venne in campo.
— Si esce oggi? — domandò Andrea.
— Io no — disse Alberto.
— E io neppure — disse Lucia.
— E io neppure — rinforzò Caterina.