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parte quarta | 261 |
— No.
— Ti senti male forse?
— Io sto sempre bene. Sono seccato.
Lucia lo guardò, come se lo interrogasse. Ella era così seducente quella mattina, coi suoi occhioni bistrati, con le labbra vivide che tagliavano il pallore del viso, con la sua aria languida e provocante di donna che ama, di donna che è amata, che vorrebbe dirlo, che vorrebbe sentirselo dire. In una occhiata passionata e desolata, dietro le spalle di Alberto, essi si compresero. Egli si era seduto in mezzo a loro, sdraiato sopra una poltrona, deciso a non andarsene. Quando lo vide così, per contrasto, Andrea sentì nascere potente in sè il desiderio di dire a Lucia che le voleva bene. Dirglielo una volta sola, pian piano, nell’orecchio, come nel giardino inglese: una sola volta e sarebbe stato contento, se ne sarebbe andato quieto e felice. Ma voleva dirglielo, assolutamente: la parola gli veniva sulle labbra e pareva che Lucia ve la leggesse, tanto sbarrava gli occhi, ansiosa, rapita. Intanto Alberto sbadigliava, si stirava le braccia, provava a respirare lungamente per sentire se vi era intoppo nel petto, tossiva leggermente per provare il fiato. Ora, Andrea non desiderava altro se non che Alberto si alzasse per un momento, che andasse sino in camera o sino al balcone, perchè egli, Andrea, potesse dire a Lucia che l’amava. Ma che! Quello, lungo, sdraiato, guardando il soffitto, dondolando una gamba sull’altra, non si moveva. Lucia fingeva di leggere il giornale, giunto per la posta, ma le mani le tremavano nervosamente.