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parte quarta 251

disegno, a lunghi punti di lana e di seta, a caso, ricamava le più strane cose, un fiore, una ragostina, una stella bianca, un gallo, una mezzaluna, una graticciata di finestra, un serpentello, una ruota di carro, alla rinfusa, andando a dritta e a sinistra. Era la gran moda di Parigi, avere un salotto coi mobili tappezzati con questo canavaccio ruvido, ricamato così stranamente. Restava libera l’imaginazione delle signore ricamatrici di farvi nascere su le più bizzarre e dissimili cose; e la imaginazione di Lucia si sfogava a ricamarvi le cose più diverse fra loro. Tutti in casa avevano una curiosità per quell’immenso lavoro, per quello che ogni giorno vi metteva di nuovo Lucia. Alberto le dimandava dal letto, ogni mattina, come se le chiedesse una notizia della più alta importanza:

— Che ci metti, Lucia, oggi?

— Una cipolla, Alberto.

— Una cipolla, una cipolla! Oh è proprio buffa! Ieri ci ricamasti una violetta del pensiero e oggi una cipolla. Come la ricami?

— Con la seta di un rosso fuoco. Il giorno seguente:

— O Lucia, dimmi che ci metti?

— Un piffero.

— O Dio, un piffero! Che stravaganza! Avremo un salotto da pazzi. Tutti perderanno il tempo a vedere di che si tratta, senza sedere.

Mentre lavorava, si chiacchierava anche un po’. Caterina cuciva e tagliava sulla grande tavola, seguendo i consigli di Lucia, pel cui gusto aveva un gran ri-