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parte terza 243

per guardarlo negli occhi — a te, creatura spensierata, che ti metti a una terribile impresa, col cuore tutto pieno d’amore, senza paura, senza rimorsi...

— Che rimorsi? Io amo te e voglio te: non so altro.

— Bravo! come vai dritto al tuo scopo, come vuoi solo quello che vuoi. Ma sai tu che cosa lasci dietro di te? Sai quello che abbandoni sulla via, sai quello che incontrerai?

— No: non mi preme saperlo. Vorrei solo essere certo che mi vuoi bene...

— Sii uomo, Andrea. L’amore è una cosa sempre seria, la passione è sempre spaventosa. Bada, l’amarmi, l’essere amato da me, è per te un pericolo grande.

— Lo so: è questo che mi tenta.

— Per me, non parlo. Io sono un essere infelice, sofferente, abbandonato alle passioni umane senza difesa. Io ti amo: fatale questa passione in me: mi lascio andare a questo amore, quale che esso sia, debba io rimetterci tutta la vita. Per te, parlo. Io sono una donna fatale: ti recherò sventura.

— E via: io ti voglio.

— Questo amore sarà una follìa, Andrea.

— E sia: così lo voglio.

— Tu t’impegni per la vita, Andrea.

— O Lucia, dimmi che m’ami.

Allora ella si avanzò sulla sponda e stese le braccia come se invocasse:

— O cielo lontano, o nuvole che passate, o alberi che stormite, specchiandovi nel lago, voi siete testimoni che la verità io gliela ho detta. O salice doloroso,