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242 | fantasia |
— Amore, lascia queste fantasie: dammi un bacio. Non ci vede nessuno.
— No, è un sacrilegio. Io appartengo a un altro uomo, tu appartieni a un’altra donna.
— Ma perchè siamo venuti qui allora? — si lamentò lui, come un bambino. — Perchè mi hai dato la tua sciarpa, questa notte? Perchè mi hai fatto innamorare? Come ho da fare ora, io? Ho da morire? Non posso stare senza te: non posso stare senza vederti, senza baciarti, senz’averti. Tu sei bella, io ti amo. Che colpa ne ho io?
— È la fatalità — concluse lei, funebre, incrociando le due mani dietro il capo, chiudendo gli occhi, come se aspettasse la morte.
— Lucia? — riprese Andrea, con una voce di bambino melanconico.
— Eh?
— Mi vuoi bene?
— Sì.
— Dillo: ti voglio bene.
— Ti voglio bene — ripetè lei, monotonamente.
— E quanto me ne vuoi, amore caro?
— Non posso misurarlo.
— Dimmi, a un dipresso — insistette egli, puerilmente.
— Lasciami pensare — fece ella, infastidita.
— A chi pensi? Lucia bella, Lucia piccola, dimmi, a chi pensi?
— A te, fanciullo imprudente — disse Lucia, balzando furiosa a sedere, pigliandogli la testa fra le mani,