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232 | fantasia |
strada a casaccio: lei era divenuta di nuovo tristemente languida, facendosi trascinare un poco.
— Voi siete stanca: sediamoci per terra, e non cerchiamo più la corrente.
— E moriremo qui?
— Forse qualcuno passerà.
— No, non dite che qualcuno passerà: ho paura, ho paura. Cerchiamo la corrente.
Infine la trovarono più piccola, più stretta, più lenta, quasi lasciandosi andare mollemente, sotto gli alberi. Essi erano sulla riva, in pendìo. Lucia si chinava sull’acqua, guardando il fondo grigio, dove qualche erba verde si agitava misteriosamente. Un riflesso glauco le batteva in viso. Strappava i suoi anemoni, li buttava in acqua, li vedeva andar via, travolti, li seguiva con l’occhio, poi ne buttava degli altri, interessata, preoccupata. Quando ebbe finito i suoi, riprese quelli di Andrea: egli si voleva opporre.
— No, no: tutto giù, tutto giù — disse Lucia duramente.
E li gettò via a fasci, chiudendo gli occhi. Quando rimase a mani vuote, fece un gesto come se volesse abbandonare anche la sua persona.
— Che fate? — disse lui, prendendole i polsi. — Sediamo qui: volete?
— No, qui. Troviamo un posto segreto, che nessuno conosca, un bel posto tutto coperto di piante, dove non giunga il sole, dove non si veda il cielo: io ho paura di tutte queste cose.
Si misero di nuovo alla ricerca, avidamente, inerpi-