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parte terza | 231 |
nome, a un mare sconosciuto. Essi, sull’orlo del terrazzino, dominando quel paesaggio nordico, quel fiumicello nitido, quella verdura chiara, ricevevano in faccia la spruzzaglia minuta della spuma, penetrati da quel piacevole umidore, da quel venticello fresco che faceva l’acqua cadente.
— O com’è bello, com’è bello — diceva Lucia, tutta pensosa.
— Qui si sta meglio che nei vostri salotti, dove non si può respirare — disse lui, respirando a pieni polmoni.
— Qui è bello — mormorava Lucia.
Si appoggiava alla sua spalla, con la guancia. Egli sentiva quel piccolo contatto, rabbrividendo di piacere. Poi, ella, sotto il velo nero del cappello, aveva rialzato i capelli e la nuca era nuda, bianca. Poi il braccio era nudo sotto la grenadine di seta, e lui, stringendo un pochino, sentiva lo scricchiolìo della stoffa rude e trasparente che si sgranava.
— Cerchiamo di scender giù, alla corrente, a vedere dove se ne va — gli disse Lucia.
— Per di qua non si scende.
— Cerchiamo una via, una via ignota.
— Ci perderemo.
— Perdiamoci, poichè qui è il Paradiso — soggiunse lei.
Infatti si smarrirono per una viuzza che non finiva mai. Essi ridevano, allungando il passo. Trovarono un gran viale interminabile di alberi esotici: poi un quadrivio con un palmizio nel centro. Infilarono una