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parte terza | 225 |
il fazzoletto di seta al collo e la camicia di flanella. Qualche corrente d’aria sicuramente.
Si lamentava, innanzi allo specchio, vedendo che era pallido, cavando la lingua, cercando di guardarsi nella gola, respirando lungamente per sentire se vi fosse intoppo. Lucia lo confortava dolcemente.
— Ti pare che io sia ammalato? sono molto disfatto?
— Ma no, non ti creare fantasie. Hai il viso di ogni giorno. Molte volte io, stando benissimo, tossisco levandomi di letto.
— Anche lavandoti la faccia?
— Oh! quello sempre.
— Ah sì? Gli è che io sono malaticcio...
— Ma no, tu stai meglio assai da che sei qui.
— È vero, ma non vorrei ammalarmici. Senti, Lucia, io vorrei andare a Napoli oggi.
— A far che?
— A farmi fare una buona auscultazione da Cardarelli.
— Mi lasci sola?
— Per poco, cara. Sai, per rassicurarmi.
— Mi annoierò, Alberto mio. Quando ritorni?
— Quest’oggi, alle sei e mezzo, per l’ora del pranzo.
— Non mancherai, core mio?
— Ti pare? arrivo alla stazione, faccio colazione, vado un momento a casa, poi da Cardarelli, e riparto.
— Torna, Alberto mio. Io non mi moverò da questa stanza, starò a contare le ore, aspettandoti. Ascolta, non ti pare di aver preso questo raffreddore, a cavallo, ieri l’altro?