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222 | fantasia |
nulla si potesse distinguere. Un punto luminoso, di bragia, si accese: la punta di un sigaro in combustione. A ogni respiro della persona che fumava, la punta accesa brillava di più e gettava una piccola luce sui mustacchi bruni del fumatore e una nuvolina di fumo chiaro saliva nell’aria. D’un tratto il punto di bragia filò come una stella, dal balcone sulla via, e si spense. Il sigaro era caduto, e la massa bruna passò all’angolo estremo del balcone per avvicinarsi a quello di sinistra. L’ombra bianca fluttuò come se tremasse tutta e passò anch’essa all’estrema punta, verso la destra, restando ritta, immobile. Poi un soffio traversò lo spazio che li divideva.
— Lucia.
Un soffio lievissimo rispose:
— Andrea.
Null’altro. Giù la fontanella cantava sempre, mai stanca, sempre fresca, sempre giovane. Su, la via lattea che si inchinava verso Caserta, palpitava tutta. Essi s’immergevano nella notte profonda, guardandosi attraverso quella tenebra, aguzzando la vista nel buio per vedersi. Nessun movimento, nessuna parola. Passava il tempo così, suonavano di nuovo i quarti d’ora alla parrocchia — ed essi restavano avvolti in quella oscurità, senza nozione dello spazio e del tempo, perduti in quell’annullamento della luce, perduti nell’idea fissa di potersi scorgere. Due o tre volte la figura bianca si chinò sulla ringhiera, quasi fosse presa da stanchezza; due o tre volte la massa semovente si abbassò sulla ringhiera, quasi misurasse l’altezza del