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tasmi scivolanti sul terreno, senza rumore, tra una nebbia crescente. I fiori si ingrandivano, si ergevano, si assottigliavano tra la nebbia, prendendo un aspetto fantastico, dolori strani, profumi bizzarri. Oh il profumo Andrea lo intuiva più chiaramente di ogni altra sensazione nella testa che gli ardeva d’una fiamma infiltrantesi tra i meandri del cervello, penetrante nel fosforo. I nervi vibravano, vibravano, vibravano; poi succedeva l’esaurimento, e venivano la sonnolenza e quella catalessia invadente onde la volontà prigioniera tentava invano sferrarsi.

D’un tratto si voltò: Lucia era scomparsa. Ne provò un dolore così fiero che avrebbe voluto dare in un fortissimo grido, ma non trovò la voce per emetterlo. Poi molti di quei fantasmi femminili scomparvero, silenziosi, come se li avesse inghiottiti la terra. Avrebbe potuto dormire ora, quieto, per un cinque minuti? No, un’ombra gli si era accostata: Cantelmo che gli parlava dei fiori, di Kruepper ancora, e questo nome barbaro dal sonito di guerra, lo molestava. Che diceva dei giacinti?

I giacinti chinavano la testolina elegante in una larga giardiniera a graticcia dorata. Vi erano giacinti rosa, dall’odore acidulo di menta che portano insieme col loro; i giacinti lillà, dall’odore acuto e femminile; i giacinti bianchi dall’odore voluttuoso che pare corrotto. Questi tre profumi carnali si univano, si fondevano. Accanto ad essi, in una grande anfora di vetro veneziano, dieci magnolie, riunite in mazzo, esalavano l’odore più forte.