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216 | fantasia |
d’ireos. Tutte quelle donne erano tanti fiori artificiali, acutamente provocanti, dalle bocche che parevano seni di fiori, dalle guance Che si colorivano come quei petali, dagli occhi cupi come il velluto delle viole, e dalle gole bianche e fragranti come le gardenie. Erano bei fiori falsi, dai colori metallici, dagli odori scientifici, combinati per la seduzione. Esse, in quell’atmosfera, si rialzavano come ringagliardite, quasi che quell’aria viziata convenisse ai loro polmoni guasti, risvegliasse il loro cervello ammalato, rinfrescasse il loro sangue ammorbato, desse una spinta ai loro nervi martoriati ed esauriti. La faccia di Lucia si marmorizzava di roseo, a chiazze; le palpebre, che avevano quella malinconica tinta plumbea, si sollevavano, lasciando veder re il lampeggio dello sguardo: un piacere intenso, acuto, le inchiodava il sorriso sulle labbra.
Andrea cominciava a vedere lo spettacolo come in un sogno. Era inutile: il cervello, aggravato, si addormentava. Egli faceva sforzi enormi, tutti interni, per scuotere quel torpore, ma si sentiva vincere, sopraffatto da una prostrazione che si diffondeva e gli spezzava le giunture. In quanto alle gambe gli pareva di averle di bambagia, senza forza, senza vita. Non sentiva che la testa come di piombo, che temeva gli cadesse sul petto, non reggendola più il collo. Si asciugava macchinalmente il sudore, seguendo Lucia con l’occhio vagante.
— Ecco Kruepper, di Napoli, — disse Lucia. — O guardate, guardate, Andrea.
Kruepper, di Napoli, esponeva tanti vasi in grada-