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parte terza 203

vene. Una bevanda da militari, da cacciatori, da gente coraggiosa, abituata agli esercizi corporali. Una tazza di sangue vi allarga la vita.

Lucia si entusiasmava a poco a poco in quel rigoglio di forza che si espandeva da tutta la persona di Andrea, nell’ammirazione del vigore e della solida forma, dell’animalità plastica, sviluppata perfezionata, in tutta la sua enorme manifestazione. Ostinatamente una bufala cozzava con la testa contro la rastrelliera, presa da una collera solitaria. Lucia guardava, meravigliata di quella stalla grandiosa, all’aria aperta, di quella galleria di animali membruti e tarchiati.

— Sono colleriche queste bufale? — chiese poi timidamente.

— Moltissimo: il sangue va loro alla testa come agli uomini robusti. Sono prese da pazzie sanguigne. Odiano il rosso, che manda loro i vapori incendiarii al cervello. Nell’amore poi sono violente, furiose.

Ella arrossì. Pure egli parlava castamente, come di un fatto ideale, puro e semplice. Lucia trasse il fazzolettino profumato e lo portò alle labbra, turandosi il naso.

— Non è un odore cattivo questo di stallatico — mormorò Andrea, ingenuamente — anzi fa bene alla salute. I medici lo prescrivono ai tisici. Piuttosto questi vostri profumi depravano i sensi e ammorbano i nervi.

— La depravazione è cosa umana.

— Per questo preferisco le bestie, il cui istinto è sempre sano. Del resto abbiamo finito questo scompartimento. Ecco il più bello.