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12 | fantasia |
— Nulla — disse quella, una biondina ricciuta, arrossendo.
— Datemi quel pezzetto di carta.
— A che serve? Non vi è niente.
— Datemi quel pezzetto di carta.
— Non è un pezzetto di carta, maestra Friscia — disse audacemente Minichini, pigliando quel pezzetto come per porgerglielo. — Sono due, tre, quattro, dodici frammenti inutili....
E lo lacerava, salvando la compagna. Un silenzio si fece nella classe: avevano paura per Minichini. La maestra chinò il capo, strinse di più le sottili labbra di beghina, e riprese l’uncinetto, come se nulla fosse. Il professore sembrava non aver inteso nulla, scorrendo certi suoi fogli, ma, dentro, il suo animo doveva essere agitato. Una curiosità giovanile gli veniva di sapere che pensassero quelle fanciulle, che scrivessero nei loro bigliettini, a chi rivolgessero veramente il loro sorriso quando guardavano il busto di gesso del re, a che sognassero, stringendo la cintura tricolore intorno alla vita. Ma il volto smorto e gli occhi di un grigio falso di Cherubina Friscia, la sorvegliante, gli facevano paura.
— Avigliana, dite la lezione.
La fanciulla si alzò e parlò dei Visconti, rapidamente, guardando in aria, come se fosse un pappagallino bene ammaestrato. Richiesta perchè facesse qualche commento storico, fu incerta, rispose balbettando: non aveva capito nulla.
— Minichini, dite la lezione.