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parte terza 189

questo nido. Ma dove le trovi queste idee strane, che io non trovo mai? Chi te le suggerisce?

— Il cuore, Alberto. Vogliamo sedere?

— Nient’affatto: non sono punto stanco. Mi sento gagliardo; farei quasi una passeggiata a cavallo. Tu, forse, sei stanca.

— Io non mi stanco mai — fu la risposta, grave, seria. — Mi domando talvolta, signor Andrea, come farebbe la gente senza pane?

— Eh! — fece lui.

— Se il grano mancasse! ... Ma chi lo ha inventato il pane?

La guardarono sorpresi. Alberto volle scherzare:

— Tu dovresti saperlo, Lucia. In collegio, dove avete imparato tante cose, vi avranno insegnata anche questa.

— No: io non so nulla. Io penso sempre, non ho imparato niente.

Aveva un aspetto molto giovanile, col suo semplice vestito di percallo a righe bianche e azzurre, stretto alla vita da una cintola di bulgaro, da cui pendeva la borsetta, col cappello di paglia intorno al quale si avvolgeva un velo di garza azzurra, dove ogni tanto il sole metteva dei punti luminosi. Il mento si nascondeva a metà nella ricchezza del fiocco di garza.

Si fermarono innanzi a un gran quadro, un capolavoro di pazienza, di cui la cornice era di fave secche attaccate l’una all’altra, con una greca di ceci bianchi a rilievo: il quadro era a fondo di grano, minuto, infilato granello per granello, e a lettere di lenticchie.