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parte terza | 187 |
odiosa marsina che di estate è una pena. Si sentiva libero, sciolto, contento. Parlava spesso con Alberto; Lucia, camminando in mezzo a questi due, ascoltava tacendo. Si fermavano a guardare le cose interessanti, lei più lungamente di loro, talvolta lasciandoli avanzare.
— Siete triste, oggi? — le aveva finalmente detto Andrea.
— No, no — rispose lei, scuotendo il capo.
— Vi sentite male?
— Non più del solito.
— E che è allora?
— Niente.
— Niente... è troppo poco.
— È questo niente che mi guasta la vita.
Si chinò sopra un cesto di patate grosse, bene sviluppate, come se la loro perfezione la incantasse.
— Non le dimandare nulla — disse sottovoce Alberto ad Andrea, camminando: — è a una delle sue cattive giornate.
— Che fai tu nelle sue cattive giornate?
— Niente. Non la interrogo, se vuol tacere; se parla, non la contraddico. È il meno che io possa fare per lei. Ti par poco il sacrifizio che m’ha fatto sposandomi?
— Ma che dici!
— No, no, ho ragione. È un angelo, Andrea, un angelo. Ed è una donna anche, te lo assicuro: se ti potessi dire...
— Qui non ci sono agrumi, n’è vero, Andrea?
— No, Alberto. Capirai che il terreno è poco fa-