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parte prima | 11 |
movendo solo la mano destra. Sul muro l’ombra di quella mano pareva quella di uno scheletro, tanto era sottile e adunca. Egli spiegava lentamente, scegliendo le frasi. Quelle fanciulle lo intimidivano, alcune perchè intelligenti, altre perchè impertinenti: tutte perchè donne. La sua austerità di studioso si turbava dinanzi a quegli occhi luminosi, dinanzi a quelle forme aggraziate e giovanili; quegli abiti bianchi facevano un miraggio davanti alla severità dell’uomo che si è proibito di sognare. Un profumo acuto si diffondeva nella classe, malgrado fossero vietati i profumi: chi lo aveva? Poi, in fondo al terzo banco, Giovanna Casacalenda, senza leggere, senza prestare attenzione, con gli occhi socchiusi, morsicava una rosa, furiosamente; qui innanzi, Lucia Altimare, pallida, coi capelli molli sul collo, un braccio abbandonato sul banco, reggendosi la fronte con una mano, nascondendo gli occhi guardava il professore attraverso le dita: ogni tanto si toccava le labbra troppo rosse con un fazzolettino di batista, quasi a temperarne la febbre. Il professore sentiva sopra di sé lo sguardo filtrante tra le dita di Lucia Altimare, e vedeva, senza guardarla, Giovanna Casacalenda che distruggeva la rosa coi dentini. Egli rimaneva imperturbato nell’apparenza, parlando ancora di Carmagnola e della congiura del Fiesco, fissando, per suo punto di mira, la faccia tranquilla di Caterina Spaccapietra che scriveva rapidamente, nel suo quaderno di storia, la spiegazione.
— Che scrivete nel vostro libro, Pentasuglia? — chiese la maestra Friscia che la spiava da qualche tempo.