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parte terza | 175 |
libera circolazione, sventolandosi col gibus, coi guanti ficcati nel risvolto della sottoveste, prese una scala di servizio che abbreviava la distanza.
— Non mi dirà nulla... nulla... nulla per le galline — canticchiava, attraversando il cortile.
Nel parco camminò rapidamente; ma fu una delusione non trovare nessuno intorno al lago della Castelluccia.
— Dove si saranno cacciate? — mormorava, un po’ smontato.
Girò pel boschetto a larga fascia ovale, folto di cerri, che è intorno al laghetto: in un angolo, sotto un sottile raggio di sole, sotto la cupola del suo ombrellino di raso bianco foderato di seta rossa, stava Lucia, seduta sopra un divano di legno rustico. Era sola: gli voltava le spalle. Andrea pensò di tornare indietro, ma Caterina non doveva essere lontana. Pure si avanzò, imbarazzato, turbato, da quella figura bianca sul fondo rude, incoronata di luce bionda, coi riflessi micacei sulle guance. Lucia non intese il passo, sebbene scricchiolasse qualche foglia secca: gettò un grido nel vederlo.
— Oh come siete paurosa! — disse lui, con una falsa disinvoltura.
Ella gli dette una mano tremante; Andrea rimase ritto, innanzi a lei, impacciato della propria persona.
— Non vi sedete?
— No: non sono stanco.
— Il giro è stato lungo?
— Avete aspettato molto?