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parte terza 173

aspetta nel parco, presso il lago. È lì, sola sola, che pensa, quella cara anima. Aveva bisogno d’aria, l’ho accompagnata, l’ho lasciata. Non sono un egoista io, e me ne vado a dormire. Ci andrete presto?

— Subito che potrò.

Alberto se ne andò, sulle sue gambe deboli, per le quali i calzoni erano sempre troppo larghi, rialzando il bavero della sua marsina, perchè sudava: trovò Andrea nella sala della canapa, in un gruppo di espositori che seguivano il ministro.

— Quando hai finito, va nel parco, dove è la tua signora, con la mia, ad aspettarti, nel boschetto, intorno al lago. Ma va presto. Io vado a dormire. Vi è una buvette, qui?

— Sì, al pianterreno.

— Bevo un bicchiere di Marsala. Venite a casa, poi, per l’ora del pranzo.

— Va bene: dormi tranquillo.

Lo vide allontanarsi e commiserò quella esistenza povera di forze e di salute, inutile a sè, inutile agli altri. Ma dunque questo ministro non la finiva più? Si fermava dunque dappertutto? Come se ne capisse qualche cosa, della robbia, dei ceci infornati e delle zucche gialle! I bozzoli, adesso? Andrea cominciava a stancarsi: tanto il ministro che parlava col prefetto e col deputato di Nola, viso scialbo e capelli di un biondo equivoco, non gli avrebbe detto nulla. Andrea avrebbe voluto andarsene, preso da una impazienza, seccato di quel giro ufficiale, di quella corsa stupida, attraverso le sale. Infine, sentiva molto caldo e certo