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parte terza 167

alimenta tutti noi senza mai sfinirsi, senza mai stancarsi.

Qui, stancato, bevve. Un movimento di soddisfazione percorse la sala che era contenta del suo ministro. Egli ricominciò, crollando le spalle, come se riprendesse, rassegnato, la soma. L’ambiente era ancora freddo: bisognava riscaldarlo. Allora la sonorità della parola si allargò nell’aria, la frase dagli orizzonti scialbi, ma larghi, fluttuò come una visione sul pubblico, un po’ stordito. Egli parlò confusamente dell’industria, delle nuove macchine che l’Inghilterra ci manda, del contadino, dell’avvenire vastissimo che ha l’agricoltura, di Bentham, di suffragio universale, d’istruzione primaria, del corno dell’abbondanza, del decentramento. Sdrucciolò un momento nel regionalismo, ma si rattenne: a quel punto s’impacciò, restò a pensare con la mano in aria, alla metà del circolo. Si riprese un po’ lentamente, parlando della patria e delle battaglie per l’indipendenza: la sala applaudì freneticamente.

... Questa splendida mostra dove, alla spica di granone che il misero contadino ha tirato su, si unisce l’animale domestico che la vecchierella ha allevato, il fiore che la gran dama ha coltivato, il compito che il bimbo dell’operaio ha scritto in iscuola, è una manifestazione felice di tutte le energie, di tutte le forze... sì di tutte le forze...

Ed esaltato dal romore delle proprie parole, quasi ubbriacato agitando la mano in circolo, come se la sfera dell’orologio dovesse correre a precipizio, buttò per terra il campanello, rovesciò un bicchiere vuoto.