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parte terza | 161 |
La coppia che veniva dietro, passava tra questo mormorìo, inavvertita, raccogliendolo. Caterina aveva un abito lillà, semplice. Sul piccolo cappellino chiuso svolazzava una piuma lillà che finiva in bianco. Agli orecchi portava i suoi enormi brillanti, che metteva per amore di Andrea. Ma ella era piccina, modesta, quasi appannata, quasi nascondentesi; ma il suo cavaliere era piccolo, meschino, senza croce di cavaliere, senza coccarda all’occhiello di membro dell’Esposizione. Lei e lui sentivano il bella, bella, bella, palpitante e sommesso sulle labbra della gente.
— Trovano bella Lucia — disse sottovoce Alberto, tutto ringalluzzito.
— Ma è bellissima come sempre — rispose Caterina, nella tranquilla e ostinata ammirazione per l’amica.
— Oh non come sempre. Prima del matrimonio era molto meno piacente. Adesso è un’altra.
— La felicità...
— Lucia è un angiolo — dichiarò gravemente Alberto. — Io non me la meritavo.
Erano giunti al posto, in prima fila, dirimpetto al banco. Vi erano due poltrone, sedettero le signore, gli uomini rimasero in piedi, Andrea accanto a Lucia, Alberto accanto a Caterina. Lucia aveva lasciato il suo strascico per terra, come un mucchio lieve di trina e di stoffa: si vedeva il piedino calzato della scarpetta di pelle bianca, ricamata in argento. Si faceva vento, poichè aveva caldo. Andrea si abbassava ogni tanto per dirle qualche cosa: ella, sollevando gli occhi gli parlava piano, con le labbra stirate che si rialzavano