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146 | fantasia |
«Ascoltami con pazienza: cercherò di non dilungarmi. Ma ho bisogno di spiegarti chiaramente la mia posizione. Ti rammenti, sul terrazzo del collegio, quando parlavamo del nostro avvenire? Ti dissi che non mi sarei maritata mai, che avrei cercata qualche nobile, ma umile missione da compiere: qualche apostolato a cui consacrare le mie scarse forze, tutto il fervore di un’anima ardente, tutto l’impeto di un cuore innamorato del sacrificio. Ho cercato e avevo trovato, ma l’egoismo umano non me lo ha permesso: mio padre che non mi ama, ma che teme il giudizio del mondo, mi ha impedito di farmi suora di carità. Non voleva che si dicesse: Guardate, aveva una sola figlia, e l’ha resa tanto infelice, che si è fatta monaca! — Se questo era il mio destino, Dio gli perdoni di non avermelo fatto seguire. Altre missioni erano o troppo gravi per la mia salute o troppo meschine per la mia passione. Così ho passato il tempo pregando, facendo elemosine, cercando di consolare qualche afflitto, ma senza uno scopo chiaro, senza una meta: una vita quasi inutile agli altri, di grave peso a me. Finalmente, un giorno, come a san Paolo sulla via di Damasco, una grande luce mi ha ferito gli occhi e io sono stata atterrata dalla voce del Signore. Egli mi ha parlato: io ho inteso le sue parole e, ultima fra le ultime peccatrici che osino levare gli occhi al trono della Vergine, ho osato ripetere le parole di Lei: Signore, ecco la tua serva, la tua volontà sia fatta!
«Accanto a me, Caterina mia buona, vi era la missione da compiere, il sacrificio da consumare. Ac-