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parte seconda 143


— A chi, Ninì?

— A mia zia, a Giuditta nel collegio, a Giulietta la cameriera, a Matteo, il custode di Centurano.

— E ad altri?

— Anche.

Non la nominavano, ma s’intendevano subito. Per qualche tempo, fra loro, non ne avevano parlato: Caterina sentiva la profonda antipatia di Andrea, ma non osava lamentarsene, non osava contraddirlo. Era stata a trovare Lucia, sola. Costei l’aveva ricevuta con una grande espansione, coprendola di baci, facendole tante domande premurose, imbarazzandola con certe occhiate indagatrici: non una parola di Andrea, il che era stato un sollievo per Caterina. Internamente ella pativa per quella specie di odio fra due persone che amava. Neanche a Roma ne avevano più parlato. Finalmente un giorno, rientrando nell’albergo, Andrea trovò Caterina alquanto distratta. Ella accolse con un mediocre trasporto la notizia che il presidente del Consiglio sarebbe intervenuto all’inaugurazione dell’Esposizione agraria: disse di sì, a bassa voce, al marito che le proponeva di passare tre giorni a Firenze, per poi tornarsene direttamente a Napoli.

— Ohe, Ninì! E che hai?

— Niente.

— Non si dice la bugia, piccola Ninì. Si legge scritta sul naso. Eccola qui, cammina, ha le zampe corte, come quelle di un ragno. Oh è nera, è brutta! Che hai, Ninì?

— Nulla, nulla... — e si schermiva.