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parte seconda | 135 |
E cercò aprirle il pugno che ella teneva nervosamente chiuso. Non vi riesciva, temendo di farle male, pregandola di non ficcarsi le unghie nella palma della mano. Ella lasciava fare con un’aria di sofferenza che le rialzava gli angoli delle labbra, con la guancia appoggiata sulla spalliera del divano.
— Lucia, Lucia... — mormorava. — Siate buona con chi è stato cattivo.
Finalmente, con un sospiro di trionfo, aprì quella mano: quattro segni rossi macchiavano la palma bianca. Andrea guardava, senza osar di baciare quella mano martoriata. Vi soffiò sopra, come un bambino.
— È passata la bua?
Ella si degnò di sorridere, ma non di rispondere. Andrea cercò di placarla, parlandole piano, dicendole delle puerilità, imitando la voce dei bimbi che chieggono scusa alla mamma, che giurano di non farlo più, che non vogliono andare nella stanzetta buia dove hanno paura — e su quel viso forte di uomo era tale espressione infantile, egli faceva così bene le spallate, le scrollate di testa, il brontolio piagnoloso, i movimenti felini dei fanciulli, che ella finì per ridere un po’ nervosamente, ma con un riversamento della testa che mostrava il collo bianco e palpitante.
— Mammina ha perdonato? — finì lui.
— Sì, sì — e gli dette un colpetto sulla spalla, ridendo ancora.
Di nuovo egli resistette al desiderio di baciare quella mano.
— Sapete che siete più grassa questa sera?