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parte seconda | 133 |
o tre giri nella stanza, come un leone irrequieto. Ella trasse una seggiola innanzi, vi appoggiò i piedi, chiuse gli occhi.
— Vi addormentate? — domandò Andrea, fermandosi davanti a Lucia.
— No, sogno — rispose lei, con tanta dolcezza, che Andrea le sedette di nuovo accanto, sulla poltrona.
— Ditemi che pensavate poc’anzi — soggiunse Lucia, mettendogli una mano sul braccio.
Andrea restò immobile per non far rimuovere quella mano.
— Pensavo a una cosa cattiva, ma vera.
— Di me?
— Di voi, Lucia.
— Ditela.
— No, vi farebbe dispiacere.
— ... da voi, no.
— Lasciate che non ve la dica.
— Mi siete scortese.
Tacquero. Un senso di pena adombrava il volto di Lucia: ella respirò affannosamente due o tre volte, come se fosse oppressa.
— Che avete?
— Niente: sto bene. E voi, signor Andrea?
Egli non rispose. Si sentiva bene lui? Lui che ogni tanto era vinto da una molle sensazione di dolcezza, come se il sangue gli si rinfrescasse nelle vene; che respirava piano e la veste di Lucia gli pareva come una larga falda nevosa; e che era preso da un desiderio pazzo di buttarsi per terra ai piedi di quella