Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
6 | fantasia |
meravigliosamente neri nuotanti in un fluido, la mano destra lievemente appoggiata alla balaustrata di legno, l’altra abbandonata lungo la gonna, con la gola bianca che si gonfiava come per un palpito d’amore, intonava nelle note medie, saliva sino alle acute, vi appoggiava la voce, poi discendeva mollemente alle gravi, puntando il canto:
— Regina angelorum!
Un momento di silenzio per gustare ancora le ultime note, e di giù le voci infantili e quelle giovanili si entusiasmavano nella risposta:
— Ora pro nobis!
La cantatrice fissava l’altare, ma pareva che vedesse qualche cosa di là, pareva che una visione le apparisse, che una musica, non potuta udire dalle altre, ella udisse. Ogni tanto nel suo canto passava un soffio che lo riscaldava, che lo rendeva ardente: ogni tanto la voce si assottigliava come un filo d’oro, come il trillo dolce di un uccellino: ogni tanto la voce pareva s’inginocchiasse in un mormorio, in un balbettìo delizioso.
— Giovanna vede il cielo — disse Ginevra Avigliana ad Artemisia Minichini.
— O il teatro — rispose brutalmente l’altra, che non credeva a nulla.
Pure, quando Giovanna arrivò alle poetiche immagini che chiamano la Vergine porta del cielo, vaso di elezione, torre di Davide, un impeto nuovo trasformò il canto in un inno. Dentro la cappella i volti si arrossivano nella beatitudine di quella musica stupenda: Caterina Spaccapietra, come assorta, non rispondeva: