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130 | fantasia |
— No, non dormo mai.
— Caterina vi vorrebbe un minuto di là.
— Che vuole?
— Lo so, ma ho avuto ordine di non vi dire niente.
— Ci vado, allora.
E ci andò, lasciando scorrere sinuosamente il suo strascico bianco per terra. Senza pensarci, Andrea sedette sul divano e appoggiò il capo dove ella aveva appoggiato il suo. Un odore selvaggio di capigliatura gli sfiorò le nari. Si alzò e passeggiò per diradare i vapori che gli annebbiavano il cervello.
Di là, Caterina era impacciata per spiegare la cosa a Lucia. Non trovava le parole, intimidita da quella alta fanciulla, vestita di lana bianca come una dama romana, che aspettava ritta, senza battere palpebra.
— Credo... credo che tu ti annoi di venire con me al collegio.
— Per far che?
— Per accompagnare Giuditta.
— No, non vengo. Il collegio mi fa cattiva impressione. Va tu.
— Andrei... se non temessi di lasciarti sola. Ma ritorno presto, sai. Il tempo di andare e venire in carrozza.
— Va pure. Io rimango sola volentieri.
— Gli è che... volevo...
— Portar teco Andrea? È naturale.
— No, no... il contrario.
— Lasciarmelo in compagnia? Si annoierà.
— Ma che dici!