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parte seconda 127

parlando a se stesso. Lucia ebbe la bontà di rispondere due o tre volte col sorriso. Per la crema méringue si dissero delle cortesie: Lucia la paragonò a un fiocco di neve immacolata; Andrea trovò il paragone poetico ed efficace. Caterina diventò rosea, da pallida che era stata, vedendo quell’apparenza di buon accordo. Ma capiva che Lucia era in una delle sue serate cattive: di quelle famose del collegio, che finivano sempre male, con le convulsioni, con qualche scena di lagrime. La faccia si contraeva ogni tanto, nervosamente: l’occhio spalancato, nerissimo, il petto anelante che sollevava il gruppo di violette. Due o tre volte le chiese, come in collegio:

— Che hai?

— Niente — diceva l’altra, seccamente, come in collegio.

— Ma non vedi che non ha nulla? — osservò finalmente Andrea. — Sta meglio del solito, anzi. Signorina Lucia, questa sera sembrate un’altra: siete colorita.

— Vorrei.

— Siete voi coraggiosa?

— Perchè me lo domandate?

— Per saperlo.

— Ebbene, sì.

— E allora bevete un bicchierino di cognac, tutto d’un fiato.

— No, Andrea, no: non glielo lasciar bere. Le farebbe male.

— Sarebbe grazioso. Non ne avete la tentazione, signorina Lucia?