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Ma Andrea era venuto a casa un po’ freddo. Lucia era molto nervosa: bella, del resto, nel suo molle abito di casimiro bianco che si drappeggiava nobilmente, con un grosso gruppo di violette sul petto. La conversazione era stata glaciale. Caterina, che aveva condotto Giuditta in carrozza su e giù, era un po’ turbata. Temeva che Lucia non si accorgesse della freddezza di Andrea. Si pentiva di averla invitata. Parlava più dell’usato, rivolgendosi a Lucia, ad Andrea, a Giuditta, cercando di rianimare il discorso, facendo sforzi inauditi per mettere di buonumore i suoi cari. Per un momento sperò che il pranzo portasse allegria, e sospirò di sollievo quando il servo annunziò che la signora era servita.

Ma la gaiezza della stanza da pranzo a nulla valse. Andrea, seduto accanto a Lucia, la serviva distrattamente. Egli mangiava e beveva molto, come al solito, divorando in silenzio, come di solito non faceva. Lucia mangiava poco, bevendo dei bicchieri di acqua, appena coloriti di vino, un color di ametista chiarissima. Quando Andrea le parlava, Lucia lo ascoltava con gli occhi intenti, che non si abbassavano: egli chinava i suoi e si rimetteva a mangiare. Caterina era sgomenta, poiché vedeva che quell’avversione cresceva. Cercava di tirare Giuditta nella conversazione, ma la bambina era tutta presa dall’impeto di quella fame taciturna delle collegiali, avvezze a mangiar male.

Solo verso la fine del pranzo il gelo si sciolse. Andrea prese a chiacchierare speditamente, volubilmente, rivolgendosi alle due donne, alla bambina, ridendo,