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Ma Andrea non gli fece male. Fu un attacco furioso, tempestante, in cui i fioretti si piegavano, stridevano: il fioretto di Galeota si spezzò nella impugnatura. Alberti fece sostare. Gli schermitori alzarono le maschere per respirare.

— Come Galeota rassomiglia al Corredino di Aleardi! — disse Lucia. — Ma tuo marito è un glorioso Carlo d’Angiò.

L’assalto ricominciava più forte, più caldo. Tra il romore, ogni tanto, si sentiva la voce tonante di Andrea Lieti: toccato! Tra il romore si sentiva la voce armoniosa e squillante di Galeota: toccato!

Le signore si entusiasmavano, stringendo gli occhialini, un po’ abbandonate sui parapetti, mentre un fremito di diletto faceva sussultare il teatro. Lucia, tutta intenta, si premeva il fazzoletto sulla bocca, ficcando le unghie convulsamente nel velluto rosso del parapetto. Caterina si era di nuovo fatta indietro, nella penombra.

— Bravo, bravo — gridò la sala alla fine dell’assalto, presa da un impulso.

Lucia, sporgendosi fuori del palco, applaudì. Del resto molte altre signore applaudivano. Era un torneo. Lucia aveva gli occhi dilatati, le labbra tremanti: scatti nervosi la facevano voltare ogni tanto sulla sedia.

— Ti diverti, Lucia? — tornò a domandare Caterina.

— Moltissimo — e un impeto di passione le fece socchiudere gli occhi.

— Senti, Alberto, se non fa troppo freddo, va un po’ giù e facci portare qualche cosa dal buffet.