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gioventù moriva. Già i volti perdevano la freschezza, già il corso dei pensieri diventava meno tumultuoso, già la vita si faceva più lenta, più lenta. Ma rivedendosi, essi non si trovavano cangiati, perchè serbavano in cuore una eterna giovinezza ed apparivano l’uno all’altra come nei primi tempi del loro amore silenzioso. Avevano serbata la fede senza averla giurata, erano rimasti fedeli ad una idea; Cherubina, prima fanciulla, poi donna, non aveva conosciuto, non aveva nutrito che quel solo affetto, ed era quell’affetto che le faceva brillare gli occhi di una luce dolce e soave, era quell’affetto che rendeva così trasparente la sua pallidezza fino a farle mostrare l’anima, se fosse stato possibile. Portava in sè stessa un tesoro di slanci, di speranze, di aspirazioni; sentiva il cuore dilatarsi sotto la soverchia ricchezza di amore, ed intanto provava una compiacenza a tacere, a restarsene, come sempre, muta in un angolo recondito, calma in apparenza, ma vivendo di una alacrissima vita interna. E Renato immerso nelle ardenti lotte della scienza, consumato dalla sete dell’ambizione e del potere, nella parte di sè stesso più sconosciuta portava una immagine fresca e sorridente, una immagine che egli era sempre rifuggito dall’incarnare.

Ci fu un momento, un giorno, in cui si trovarono di fronte, soli, liberi, senza doveri. Avevano la pace nel volto, ma non nello spirito e l’amore si precipitava alle labbra, quasi ad una meta lungamente anelata. Ebbene, quel momento, quel giorno, essi rimasero freddi, muti, indifferenti. Non trovarono parole, non trovarono sguardi, non li aiutò nè rag-