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infanzia; la mammina se n’era andata e la Cherubina non diceva nulla a nessuno; anzi tremava tutta al solo pensiero che egli comprendesse qualche cosa; e si sedeva in un angolo recondito, lontana dai pericoli.

Passò tanto tempo. Una sera — in un ballo — Cherubina era intenta a rialzare i petali dei suoi fiori, fiori che appassivano in mezzo ai lumi ed ai profumi artificiali; Renato, alle sue spalle, discorreva con un amico.

— Sai? parto — disse.

— Torni presto?

— Non so, non lo credo.

La fanciulla si morse il labbruccio e rimandò indietro le sue lagrime; ebbe il coraggio di non voltarsi e di continuare a gingillar co’ suoi fiori; anzi provava un piacere acre in quella sofferenza. Certo, l’amore era un peccato e doveva subirne la penitenza.

Renato partì amandola. Non si dissero neppure addio. Essa pregò per lui; egli portava seco il suo diletto fantasma.

Due volte si rividero, due volte si lasciarono e gli anni scorrevano. La gioventù di entrambi declinava; le belle ore, le ore delle liete e serene speranze fuggivano per rientrare nel passato; essi passavano volta a volta per le tristi e gioconde vicende che sono di ogni uomo, essi vivevano e la