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acacia. | 87 |
ciava le ombre, il sognatore ridiventava uomo, e quando Renato rivedeva Cherubina, la Cherubina reale, poteva, senza dolore, non guardarla, non rivolgerle una parola: tutta la notte egli l’aveva adorata, le aveva bruciato l’incenso dell’amore. A che serviva la realtà? Nulla poteva dargli più dei suoi sogni, e forse poteva distruggerli. La fanciulla delle sue notti era una splendida immagine senza macchia e senza debolezze; mentre forse la vera creatura era una semplice e limitata donnina.
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La buona fanciulla che nulla sapeva di sogni e di visioni, che si lasciava condurre ai balli come un agnellino ubbidiente e che al ritorno, toltisi i fiori dai biondi capelli, mormorava le sue infantili preghiere, la buona fanciulla voleva bene a Renato. Però, siccome non era certa che l’amore fosse o no un peccato grave, così si teneva bene stretto il segreto nel piccolo cuore; si nascondeva, credendo far male; chinava i grandi occhi ed arrossiva più che mai. Invidiava la franchezza delle sorelle ed avrebbe voluto dirgli una parolina dolce; ma aveva tanta vergogna, tanta vergogna! Ci era in lei un indistinto sentimento di pudore, quasi che l’amore le completasse e le rivelasse il segreto della vita: certo non osava guardarlo. Non aveva più la mammina, quella cara mammina, al cui orecchio essa aveva mormorato tutti gli ingenui desiderii della