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ignoranti o incontentabili; si fissa ansiosamente l’angolo del viale, sperando di trovare dopo quello il nuovo, l’incantevole. Ecco, l’angolo è girato....: viali polverosi, prati di trifoglio, orizzonte senza fine; è sempre lo stesso spettacolo: allora quelle linee grandi, pure, armoniche, cominciano a stancarvi, a mettervi nell’anima una malinconia indefinita. Questa mestizia viene forse dagli alberi, che hanno un’aria saggia e riflessiva, come persone che abbiano esperimentato la vita; forse si eleva da quelle acque brune e senza riflessi che se ne vanno alla loro via senza fare scappate giovanili; forse è la luce sfolgorante, crudelmente ripercossa dai bianchi viali; forse è la inutile ricerca di un angolo fresco, ombroso, nascosto, dove riposare l’occhio — ed è forse tutto questo insieme. Perchè è lo spasimo della Natura a cui sono state imposte le leggi della prospettiva, della geometria, della idraulica e di non so quante altre orribili parole greche e latine; è la umiliazione, la sommissione di una potenza ad un’altra. Però la vittoria dell’uomo può paragonarsi ad una sconfitta; quello è uno spettacolo magnifico, ma non ha anima, è morto: in quel parco non vi è mezzo nè di amare, nè di sognare, nè di vivere....

— Queste, — ripete la voce fredda e cadenzata della guida — sono le reali delizie....

Se i re hanno solo quelle delizie là!

In un cantuccio semi-nascosto vi è un cancello. I visitatori l’oltrepassano di rado, perchè giunti a quel