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savano per due o tre ore senza curarsi del freddo, della pioggia e del sonno perduto; conversavano senza vedersi, a cinque metri di altezza, tacendo ad ogni rumore di passante, riprendendo cautamente il discorso, col timore continuo che i parenti di Maria si alzassero e la ritrovassero in quel colloquio aereo. Ma che importava loro tutto questo? Avevano nel cuore la luce, il sole, la primavera, il coraggio, l’entusiasmo; venisse pure il re, non si sarebbero mossi. Invece il fratello di Maria, una notte che non poteva dormire, si alzò di letto e trovò la porta socchiusa, scese per le scale, udì un mormorio e colse la sorella sul fatto; poco complimentoso sbarrò le imposte sul viso a Carlo, dette uno schiaffo sonoro a Maria e se la riportò in casa. Dal mattino fu murata la finestruola del primo piano, malgrado la scala ne rimanesse un poco oscura.

O voi, fedelissimi amanti che vi desolate nelle pene di un amor contrastato, immaginate la disperazione di quei due! Le loro lettere non si potevano più leggere, perchè le lagrime cancellavano le parole; filze di punti ammirativi da sembrare soldati prussiani sotto le armi, seguivano le diuturne imprecazioni alla sorte, al destino, al fato e ad altri esseri impersonali che non potevano rispondere; mille progetti fantastici erano creati, discussi e poi rigettati. Carlo avrebbe voluto fuggire con Maria, ma suo padre non gli lasciava danaro e sarebbe stato difficile riunire le nove lire e cinquanta per un viaggio in due sino a Napoli; pensarono per un momento al suicidio, ma.... trovarono che non risolveva le difficoltà. Poi a lungo andare il loro amore