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62 | dal vero. |
continuare ancora. Alla destra di Gesù è un tale che vuole spuntargli la tunica, a sinistra un altro che gli mostra con atto vero e vivace la condanna. Tutta questa gente, sebbene animata da sentimenti diversi, come l’odio, il disprezzo, la noncuranza, ha il tipo ebreo spiccato: carnagione bruna, soppracciglia vicinissime, sguardo falso; quello poi che ha in mano la carta è un fariseo, un ipocrita che si rivela: labbra strette su cui corre l’insulto, fronte bassa, mano rugosa. Guarda il Nazzareno con invidia e con ira: invidia per quella serenità pacata, ira perchè si vede vinto: e indica la sentenza. Ma il Nazzareno non lo ascolta, non lo guarda: pensa.
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A che pensa? Forse agli sconfinati orizzonti della sua Palestina che non vedrà mai più, alle campagne ridenti, inondate dal sole, al lento volo delle azzurre tortore, alle limpide notti, al cielo stellato e profondo che tante volte ha interrogato con lo sguardo, al placido lago di Tiberiade: egli, che amò tanto la natura, pensa forse a tutto questo. O forse gli vengono in mente i cari compagni delle sue peregrinazioni, quelli che lo compresero e lo amarono; forse ricorda la dolce madre che dovette abbandonare così presto; forse colei che lo adorò sovra tutti: e pensa al loro dolore? No. In quello sguardo vi è qualche cosa di più largo, di più generale: quel Gesù pensa al suo ideale, s’inebbria di esso e di-