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— Nulla di più possibile che l’impossibile — rispose con gravita Lulù.

— Cara, con questi assiomi! Suvvia; lasciamo fare al tempo; forse regolerà egli le nostre faccende. Ciò non toglie che tu sia una pazzerella.

— Ed una capricciosetta...

— Una testa senza giudizio...

— Ed un cervellino bisbetico. Sono tutto quello che vuoi; fammi la predica, me la merito. Andiamo: non hai nulla più da dire? Io attendo.

— Dammi un bacio e va a letto. Buona sera, bambina.

— Grazie mammina. Buona sera.

— Meglio così — diceva fra sè la buona madre. — Meglio così. Lulù è ancora troppo giovane. Si vedono ogni giorno le tristi conseguenze dei matrimoni senza gusto. Dio ci liberi! Meglio così.

— Auff! — diceva prendendo fiato Lulù. — Che diplomazia ho dovuto spiegare, che arte per vincere la mamma! Sarei un ambasciatore perfetto io! Che trionfo, che trionfo! Altro che il trionfo d’amore! Questo è il trionfo di Lulù!

Si fermò davanti alla porta della sorella ed origliò. Si udiva ogni tanto un sospiro represso: la povera Sofia aveva perduta la quiete.

— Dormi, Sofia, dormi — mormorò a bassa voce Lulù baciando la serratura, quasi volesse baciare la fronte della sorella — quietati e riposa. Ho lavorato per te questa sera.

E la generosa fanciulla si addormentò, contenta e felice per la felicità delle persone che amava.

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Il tempo, il buon vecchio tempo, l’eterno e giu-