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altro. È una protesta in regola contro il gusto di babbo e mamma, contro il registro dello Stato Civile e quello della parrocchia: libero nome in libera letteratura! Lo pseudonimo diventa un elemento necessario, indispensabile di successo; basta averlo per poter scrivere; anzi qualcuno pensa a provvedersene prima di esser sicuro che conosce la lingua italiana.

Trovarlo non è molto difficile: vi è il campo della buona ed inesausta mitologia, vecchia mitologia, che tutti spregiano ed a cui tutti ricorrono, quando vogliono esprimere la parvenza del bello e del divino; vi è la storia, fantasmagorica galleria di tipi spiccati ed eccezionali; vi è l’arte con le sue manifestazioni pittoriche, scultorie, musicali, poetiche; vi sono le stranezze dei nomi greci, la severità dei latini, i modi di dire, i sottintesi di tutte le altre lingue; vi sono i fiori, il paradiso, le stelle, l’inferno — ed il mondo. Un vocabolario senza fine! Allora si cerca, si cerca, si cerca; si discute, si chiede agli amici, s’interroga l’amica, si consulta il professore, l’archeologo: oggi vi è una decisione, domani esitazione, dopodomani abbandono. Da capo a cercare, è un affar serio, bisogna averlo, non si può vivere senza di esso, ne va della dignità; l’attenzione si ferma, finalmente! Lo pseudonimo è trovato, lo si assume, lo si spiega, lo si commenta; è stampato sulla carta da lettere, ricamato sui fazzoletti, inciso sul suggello — investitura completa. Il fortunato possessore passa a godere i vantaggi ed i malanni della sua nuova proprietà.

Facciamo vi sia un poetino, il quale senta l’irresistibile desiderio di narrare al pubblico i dolori