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domenica. 227

se gli amici di quella sera non erano dei miserabili egoisti, dei feroci misantropi che facevano parlare il loro meschino gusto personale di fronte all’immensità del sentimento popolare; mi sono chiesta se l’artista, il pensatore, il poeta, avendo pure nell’anima la scintilla creatrice del genio, godessero il diritto di imporsi a quanto è la voce sterminata della moltitudine; mi sono chiesta se le loro gioie aride e solitarie prese tutte insieme, valessero un sol grido di un bambino allegro, un sospiro di sollievo di un cuore innocente, — e col rimorso della mia passività di quella sera, sono anni che la domenica metto il catenaccio al cervello e vado a zonzo, e fo raccolta di sorrisi, e mi imbevo della consolazione altrui, consolandomene io stessa.