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Di domenica i bambini sono contenti. Non vanno a scuola; a colazione la mammina dà qualche cosa di più, un frutto fresco, una noce bianca, una ciambella, s’indossa l’abitino di velluto con gli alamari di seta, si mettono gli stivalini nuovi fiammanti che scricchiolano con orgoglio, una mano alla bambinaia, un’altra che porta il veloce cerchio o la leggiera palla elastica.... e difilati alla Villa Nazionale, il ritrovo dei piccioli galantuomini — e là giuochi, là disfide, là corse, là gaie risate che echeggiano accompagnate dalla musica. A casa un bel pranzetto e dopo tutto al teatro delle marionette, a ridere, a commuoversi, a scambiarsi le proprie impressioni: poi da capo a casa, un bel sonno profondo sino al mattino del lunedì, dopo la lieta fatica del giorno di festa.

Ed è giorno di festa per gli innamorati ancora: in quel giorno la tirannide bonaria del papà allenta un poco il freno e si lascia andare a qualche concessione: tanto, è brutto veder volti melanconici di domenica. La mattina vi è il su e giù per la via Toledo, dove, per caso, una si può incontrare e salutare almeno venti volte con chi più gli piace; vi sone le altre passeggiate, le giterelle, gli appuntamenti, le visite, le veglie serotine — e nel calendario ristretto dei giorni felici, le domeniche figurano al primo posto. Nel cuore inaridito delle zitelle mature rientra un po’ di speranza; esse pon-