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TRILOGIA.
Nella sala fulgida di lumi, piena di morbidi fruscii e di amabili susurri, egli la guardava di lontano ed ella sentiva turbarsi sotto quello sguardo. Ella era entrata in quel ballo come in tanti altri, splendida nel suo lunghissimo abito di verde-opalino, splendida e bianca sotto la corona di foglie verdi, umide di rugiada, che era rugiada di brillanti, splendida nella noncurante indifferenza che era la salda armatura del suo cuore: ora lo sguardo di quell’uomo, di quello sconosciuto, turbava lei, che pure aveva sopportato il fuoco di tanti altri occhi. Sconosciuto no, perchè qualcuno glielo aveva presentato come il conte Riccardo Altimari: un inchino, un sorriso, un invito pel waltzer mormorato a bassa voce, poi null’altro. Laura aveva ballato e molto, aveva fatto un giro nelle ricche sale, aveva cambiato posto tre o quattro volte, aveva sorriso, chiacchierato, odorato il suo mazzetto di fiori, agitato vivamente o languidamente il suo ventaglio di piume leggiere; ma tutto questo con un sentimento di distrazione, perchè ella sapeva, vedeva o sentiva che il conte Riccardo Altimari non la per-