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cismo era svanito e lo spirito più o meno forte gli era corso dietro. Si sentiva triste in mezzo a tanto amore di cui non gli toccava neppure un bricciolo, si sentì solo, povero, abbandonato, indifferente a tutti. Lo aveva voluto lui, del resto: per quale ragione si era rotto con la Giannina che lo amava tanto, che era così carina, così buonina? Era stato crudele con lei la settimana prima, l’aveva tormentata abbastanza, troppo, povera donna — ed ora per castigo gli toccava guardare gli altri e rimanersene a bocca asciutta. Fosse stata là, in quel momento, la Giannina, avrebbe voluto caderle alle ginocchia e chiederle perdono, purchè lo volesse amare ancora un poco. Ma domani, domani..... andare da lei e scacciare il grosso nuvolone e rivederne il contento e fare una gita insieme.....

E tra le fantasie ardenti del suo cervello, passò due ore della notte a guardare le stelle, a parlar loro, egli che si era sempre burlato degli amanti e dei poeti stellaiuoli; ma che volete, aveva nell’anima una ricchezza, un rigoglio di vita e di affetto che fugava ogni ironia. Mille idee belle, nuove, ridenti, gli nasceano nel cervello, mille creazioni gli apparivano, l’attività della mente aumentava, si raddoppiava; avrebbe voluto lavorare, scrivere, che i giorni fossero di quarantott’ore, che la lena non gli venisse mai meno, che le mani fossero instancabili..... e lontano, lontano, la Giannina che sorrideva e si voleva nascondere e intanto lo chiamava cogli occhi..... e lontano, lontano, un orizzonte sereno e fiori e musiche e mare scintillante al sole e notti chiarissime.....