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apparenze. 197

sto il dramma, il dramma intimo di quelle tre persone: difatti nel palco la bruna raddoppiava i suoi sorrisi che diventavano quasi ironici, moltiplicava le cortesie che erano esagerate, si dava in spettacolo, il giovane era perplesso, inquieto; Luisa si mordeva le labbra e vi accostava spesso il fazzoletto, o nascondeva il volto nel suo bouquet di vaniglia — e quando la Wanda Miller scoppiò nella frase meravigliosa del duetto d’amore dell’Africana: Sarò gelosa, gelosa, gelosa, gli occhi della bionda mandarono tale un lampo di gelosia da far tremare i due colpevoli.

— Dunque la scrivete questa storia? — mi chiese il mio vicino di destra, un amico, un artista, che m’indovinava.

— Perchè no?

— La sapete almeno?

— Me la immagino.

— Non ve la immaginate. Un anno fa quei due sposi si adoravano, si erano presi per amore: bellissima la moglie, intelligente il marito, una coppia eccezionale. Ebbene, ci si mette in mezzo quella palliduccia lì, ricca di languori, sempre moribonda, piena di profumi irritanti, di graziette malaticcie, di veli bianchi, di nastri azzurri e di capelli biondi. Il marito abbandona quella splendida e buona creatura che è sua moglie, per quell’ombra di donna; la moglie lo sa, ma finge per decoro e si rode in-