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192 | dal vero. |
lati di pensiero, gli assetati di poesia, si ribellano e quando la scena non dà più loro il dramma, lo ricercano altrove, in un angolo qualunque del teatro; sono come Archimede: per sollevare il mondo della loro immaginazione hanno bisogno di un punto solo.
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Non posso dimenticare quelle due donne: quando apro gli occhi nella oscurità, mille fiammelle la diradano, una confusione di colori gira, turbina, si urta, poi si mette a posto, si armonizza ed esse compaiono su quel fondo, vive e parlanti. Erano due tipi così spiccati, così opposti, così personali, così profondamente impressi nella loro materia di carne e di nervi, così completi nell’idea che ciascuno rappresentava, da sembrare che l’artefice creatore le avesse ritoccate con un unico concetto sino all’ultima linea. E per quella legge costante che vuole inseparate le umane contraddizioni, che regola l’attrazione delle forze contrarie, che riunisce i poli con una linea fantastica, che presenta sempre due pensieri opposti, era fatalmente necessario che quelle due donne vivessero insieme, l’una di fronte all’altra, l’una reazione dell’altra.
La prima sembrava una madonnina di Carlino Dolci, il soave pittore che ha incarnato nei quadri il suo nome. Era una figura esile, molto esile; i capelli biondissimi, ma di un biondo morbido, quasi